(…) E’ una mancanza di rispetto. E’ la riduzione di una grande storia d’amore alla figura di un accompagnatore da pomeriggio e di un riempitivo per letti troppo grandi, uno la cui identità non conta poi molto, purché faccia atto di presenza quando serve.
(…) Mi hai chiesto, quella mattina in cui ero ancora addormentata, se mi sembrasse normale, se non mi fossi mai fatta delle domande. (…) Mi piaceva davvero –profondamente– e volevo che fosse felice. Non penso che fosse molto felice. Non che dicesse o facesse qualcosa per farlo capire, ma… come posso dire? Chi è mai felice? Io lo sono. Ho una natura felice: mi piace la pioggia, mi piace il sole, il caldo, il freddo le montagne, il mare, i fiori, le… Beh, mi piace la vita e sono stata davvero fortunata. Perché mai non dovrei essere felice? Non chiudo a chiave le porte. Non tengo il muso. L’unica cosa per cui non vado matta è il vento. Lo trovo fastidioso.
[in corsivo e in ordine sparso: Guia Soncini da Il Foglio di sabato, per gentile concessione di Leibniz anche se non vuole che si parli ancora di lui…]
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