Vi avverto mamme, questo post non vi piacerà.
Ma d’altra parte si sa: sono le donne quelle che ostacolano maggiormente le donne.
No, non quelle che ci raccontiamo essere le nostre nemiche, le invidiose, le insofferenti, le insoddisfatte.
Le vere nemiche delle donne siamo noi.
Tetto di cristallo a parte, il resto è colpa nostra.
Sono convinta che per ogni mamma che va in maternità anticipata senza averne davvero bisogno, un’altra mamma verrà trattata peggio.
Ci sono maternità elefantiache: resto incinta e al terzo mese resto a casa; la legge mi tutela e posso stare a casa altri tre mesi; dopo chiedo il congedo parentale per 180 giorni al 30% di stipendio (in tutto, fin qui, sono rimasta a casa per 15 mesi: un anno e tre mesi); poi magari ho delle ferie arretrate da usare, ma se non le ho chiedo un’aspettativa. Magari nel frattempo resto incinta di nuovo. O mi do malata.
Io se fossi a capo di un’azienda non sarei così gentile con la mamma in questione al suo rientro.
Ti piace il lavoro che fai? Ne hai bisogno?
Che ti piaccia il lavoro che fai o che tu debba lavorare per pagare il mutuo il risultato non cambia: lavora!
In Lombardia, nel 2008 le donne che dopo essere diventate mamme hanno preso la decisione di lasciare il lavoro sono state 5.800; il 4,3% in più rispetto all’anno precedente.
* fonte: Io e il mio bambino
Perché?
Non ne avevano bisogno.
Non erano soddisfatte.
Qualunque sia il motivo, però poi non dite che è colpa del mondo del lavoro.
È una questione di cultura.
Al Sud sono 9milioni le donne che hanno rinunciato a cercare un lavoro. Ma il problema non è solo italiano. In Inghilterra solo l’1% delle 30enni considera il lavoro una priorità.
* fonte: Grazia
Lo stesso discorso non vale – ma anche qui, come nel caso della maternità anticipata, c’è da valutare caso per caso – se la mamma in questione guadagna meno (o la stessa cifra) di quello che le toccherebbe dare all’asilo privato (quello comunale è un miraggio) o alla tata full time.
Qui a Milano (mi sto informando) si va da 800 a 1000 euro per la tata – uscite serali escluse – e intorno ai 700 euro per il nido.
In questo caso la domanda non è se vuoi risparmiare o meno, ma se al compimento della maggiore età di tuo figlio potrai mai tentare di rientrare nel mondo del lavoro.
Secondo me no.
tutto vero purtroppo. sarebbe troppo facile liquidare dicendo che in alcuni casi una donna puo’ essere tentata o portata a comportarsi cosi’ dato il comportamento del capo o dell’azienda ma non lo farò.
Posso dire che la cosa piu’ giusta a mio avviso è sfruttare le opportunità di conciliazione che abbiamo con coscienza. in un senso o nell’altro. ci rovinano le donne che se approfittano e ci rovinano anche quelle che non seguono i tempi minimi posti dalle leggi di maternità per rampantismo e potrebbero farlo, ponendo dei precedenti non perseguibili in azienda.
Analisi condivisibile, ma si rischia, come spesso accade, di fare un fascio della famosa erba. Per ogni mamma che se ne approfitta, una sta peggio, dici. Vero, ma che fare? Andare tutte a picchiare quella (quelle, purtroppo tante) che se ne approfittano? Dire che tutte le donne in gravidanza se ne approfittano, modello Brunetta con i dipendenti pubblici?
Gettando, ancora una volta, la croce addosso alle madri rischiamo di dimenticare quelle (tante) aziende che fanno firmare le dimisisoni in bianco alle donne in età fertile. Quelle che al secondo figlio offrono due lire per sgomberare la scrivania, grazie. Quelle che per il solo fatto di essere portatrice sana di utero si sentono in diritto di chiederti durante il colloquio se vuoi fare figli, e quando. Quelel che infine, quando ritorni, ti hanno tenuto il posto sì, ma le mansioni faticosamente conquistate per anni te le scordi.
Infine, e lo ripeterò fino alla morte: se tutti i padri si alternassero alle madri nella cura dei figli quando sono malati, quando c’è il pediatra, quando, quando, eviterebbero di far passare le madri come assenteiste croniche e quindi scarsamente appetibili sul lavoro. Fossi un datore di lavoro, anche io sarei stufa di donne che scappano alle 15 per un’emergenza all’asilo, sempre solo loro, come si fossero riprodotte per partogenesi.
Ultima cosa: un asilo pubblico, a Milano, senza “sconti” per il reddito, si aggira intorno ai 440 euro al mese.
a entrarci nel pubblico!
Io al pubblico ci ho messo tre figli su tre. Sara’ solo fortuna? Oppure sara’ che non ho fatto richieste di asili pubblici fuori zona perche’ “meglio frequentati” o che non ho storto il naso al momento di consegnare qualsiasi informazione sul mio reddito (anche se e’ ben vero che sono peggio del Grande Fratello!)… Insomma, bisogna anche un po’ accontentarsi e cercare di far buon viso a cattivissimo gioco, perche’ a Milano c’e’ davvero carenza di asili (e molta!), ma ci sono anche tanti che non sono “elastici”.
Almeno questa e’ la mia esperienza.
a Milano funziona così:
c’è un bando (per partecipare dai tutti i tuoi dati, ovvio, reddito compreso) a cui puoi partecipare solo se ti nasce un figlio entro maggio;
se il figlio nasce l’unica cosa che puoi fare è la cosiddetta iscrizione tardiva, il che si traduce in “aspetti che smaltiamo le liste di attesa di chi ha partecipato al bando e se ci avanza un posto è tuo”
Uno dei problemi maggiori, oltretutto, nella situazione attuale è che rientrare dopo un anno e mezzo, due al lavoro significa trovare un’azienda cambiata.
Immaginiamo chi è andato in maternità a giugno 2008 e rientra a Gennaio 2010.
Poi c’è il problema organizzativo aziendale, non è che puoi restare per 1,5 anni con una posizione scoperta, devi assumere. O usare una persona precaria.
E se poi è brava (come è capitato a noi) o addirittura PIU’ brava?
Cosa fare con la neomamma? Rientra e non la puoi demansionare, ti spiace fare la figuradi farla tornare e la sua scrivania non c’è più.
Io sono per la maternità, e assumo anche ragazze giovani in età da sposarsi con ciò che ne consegue. Sono contro la discriminazione per quelle cose.
Ma i problemi organizzativi esistono.
E la legge contro una maggiore flessibilità (telelavoro, part time, incontri di coordinamento o aggiornamento su base periodica), o lavori o sei in maternità.
Invece tenere un “filo” aiuterebbe azienda e collaboratrice a restare più allineati.
Poi ci sono quelle che se ne approfittano ma è un’altra storia.
Aneddoto: in fase di assunzione anni fa una signora (senza mia domanda, mi guardo bene dall’indagare su quelle cose) evidentemente per “invogliarmi” mi dice, lei, che non può avere figli.
Poi prima ha preso cento permessi per adottare un figlio, purtroppo oltretutto era diventata una questione psicologicamente difficile con ripercussioni sul lavoro.
E alla fine è riuscita a restare incinta.
Naturalmente un nanosecondo dopo è andata in gravidanza a rischio, poi ha sfruttato tutto il periodo permesso fino all’ultimo giorno, poi le ferie, poi voleva ancora almeno un anno di aspettativa che abbiamo rifiutato (nel frattempo ci eravamo dovuti organizzare) e lei ha smesso di lavorare.
Non ha mai ricominciato perché non si fidava a lasciare la creatura ad altri (come detto c’erano diversi problemi psicologici maniacali affiancati al discorso).
Altre da noi si sono fatte la loro bella gravidanza senza troppe menate (una andrà via tra circa un mese per il periodo obbligatorio) e rientrando normalmente.
anni fa ho intervistato una donna imprenditrice, settore tecnologie; il suo discorso era educativo, da mamma diceva: resti a casa perché sei diventata mamma, scegli di non lavorare; magari usavi anche il pc in ufficio, a casa no; tuo figlio cresce; a 7 anni già è su internet; il mondo cambia, tu non ti sei aggiornata e non hai idea di cosa faccia tuo figlio seduto per ore davanti al pc; il lavoro ti avrebbe aiutata anche nel rapporto con tuo figlio…
[…] Semerssuaq […]
Sono mamma. Condivido parte di questo post, quando dici che chi abusa di un diritto lede gli altri. Un’altra parte, francamente, la trovo vergognosa.
Non si possono sempre incolpare le donne perché la società non tutela la genitorialità (uso questo termine ad hoc, perché il problema figli non è una questione solo femminile, ricordiamocelo, si fanno in due!!!!) e spesso sono proprio le femmine a doversi fare carico della faccenda, in termini professionali.
Io non so se tu hai un figlio ma nella mia esperienza personale posso dire che tornare al lavoro dopo 3 mesi dalla nascita è davvero INNATURALE.
non so fare proposte alternative, ma trovo che questo post non aggiunga valore (perché nemmeno tu fai proposte alternative propositive) ma alimenti solo una polemica sterile che rischia di incolpare – come sempre – le donne.
chiediamoci perché in tante non rientrano al lavoro
e soprattutto
chiediamoci se sono realmente felici, di non rientrare al lavoro.
la legge non tutela affatto la genitorialità e tanto meno la maternità (forse solo se hai il culo ben piantato in un posto pubblico ma non è una situazione comune a molti) e fare un figlio diventa una scelta precisa, di campo per una donna. volente o nolente. e non è giusto.
problema culturale? assolutamente
problema di tutti? assolutamente
e hai ragione
le donne sanno veramente essere crudeli, intransigenti e ghettizzanti nei confronti delle altre donne.
salvo poi trovarsi in mezzo a situazioni che se non le passi non sai come sono e
capire cosa significa.
inoltre
come fai a sapere che ci sono maternità anticipate che non meritano di essere anticipate? sarei curiosa di conoscere i dati su cui basi questa considerazione assiomatica
ciao
panzallaria
per chi non vedeva l’ora di leggere un nuovo post ne scriverò presto uno su chi “prende malattia” per farsi il week end lungo
ditemelo che neppure di questi non avete mai sentito parlare
che brutto il mondo in cui vivo
a me sembra che le uniche donne che danneggiano le altre donne sono quelle che scrivono post di questo genere, di un qualunquismo vergognoso. invece di pensare che sia un diritto per una donna che ha una gravidanza difficile poter stare a casa dal terzo mese e che sarebbe il minimo della civiltà estenderlo a tutte le donne lavoratrici, si afferma che questo è il motivo di malessere e disagio per le altre mamme. perché e percome poi non è dato sapere.
tutto questo è incivile.
Ecco quello che ho capito leggendoti:
– alcune mamme (la maggior parte, la metà, poche…non si sa) approfittano delle leggi che tutelano la maternità, assentandosi dal lavoro per lunghi periodi. Così facendo danneggiano le altre che verranno trattate male dall’azienda, timorosa che anche queste se ne approfittino. A parer mio se c’è un medico che firma un certificato inutile allora commette un falso ideologico, ma stiamo parlando di maternità anticipata per motivi di salute. Congedo parentale, aspettativa e chi più ne ha più ne metta sono degli strumenti legali a disposizione delle persone. In tutta onestà vorrei sapere per quale motivo una donna che ne usufruisce al massimo deve essere giudicata lavativa e truffaldina: moltissime mamme desiderano stare il più possibile con i figli appena nati. E’ un momento bellissimo. Possono rinunciarci perché amano il loro lavoro e sono stufe di stare a casa, per avere lo stipendio pieno, per non farsi mobbizzare al ritorno, perché hanno i nonni. Embè? Molte mamme lavoratrici potrebbero dire tranquillamente che queste mamme sono delle krumire, che danneggiano quelle che vogliono godere dei propri diritti, rovinando la loro immagine agli occhi dell’azienda. E’ come il discorso delle riunioni indette alle sei di sera: se tutte dicono sempre sì e il modello di lavoro è solo maschile allora non si cambierà mai niente. E questo sì che danneggia le mamme!
– Dimostrami che l’abbandono del lavoro è una questione di cultura perché non l’ho capito. Però non dirmi che al Sud non vanno a lavorare perché è più bello fare le mogli e stare a casa. Non ho capito in che modo le donne danneggiano le altre donne.
– Ad un certo punto si lavora per pagare baby-sitteraggi vari, la somma dare-avere è zero però ti tieni il posto di lavoro. Verissimo, sono d’accordo. Quindi? In cosa sbagliano le donne?
Scusa la lunghezza. Non ti arrabbiare, nulla di personale.
Alla prima maternità ero precaria: ho avuto diritto a 5 mesi all’80% e poi mi sono fatta fare una sospensione del contratto per 6 mesi, senza stipendio. Perché? Perché mio marito, col contratto agricolo, non aveva diritto al congedo parentale al 30%. Pare che dal prossimo anno, grandissima concessione, gli permetteranno di stare a casa ben 10 giorni in congendo parentale. Vi pare un incentivo alla parità? A me no. In quegli anni, abbiamo fatto salti mortali.
Poi ho vinto un concorso statale. Ho cercato di andare fino all’ottavo mese, ma ho dovuto desistere 15 giorni prima (stavo da cani, infatti Ettore è nato in anticipo di 3 settimane). Ho sfruttato parte del congedo parentale della prima figlia (che non aveva ancora 3 anni) per tornare alla fine dell’estate.
Già usufruire dei riposi per allattamento è stato vissuto dai miei capi come un affronto. Poi hanno cominciato ad ammalarsi i bambini (ma perché non fanno la visita fiscale per malattia del figlio?) e sono rimasta a casa io perché mio marito non ha diritto a niente. Poi, come abbondantemente annunciato a inizio anno (torno subito al lavoro, ma usufruirò del congedo durante l’estate, se no mi tocca spendere 1000 euro di GREST), sono stata a casa in estate.
Mi rendo conto che per una ditta privata sarebbe stata una follia. Ma mi chiedo anche che senso avrebbe avuto tirarsi il collo per andare a lavorare e rigirare pari pari lo stipendio al GREST in estate o a una tata che mi tenesse i figli ammalati durante l’inverno, ammesso che una si senta tranquilla a lasciare i figli ammalati a un’estranea.
Insomma, la questione è veramente complessa. Soprattutto, nel mondo di oggi, una che sfrutta i propri diritti perché non può fare altrimenti rischia di passare per quella che “se ne approfitta” perché ci sono troppi furbi in giro.
Ma questo vale anche per tanti altri settori (vedi gli statali che, se si ammalano, sono fannulloni o gli invalidi che, se non sono evidentemente in fin di vita, sono dei truffatori).
grazie
magari l’ho sottolineato poco (la prossima volta più bold per tutti!) ma la mia tesi è:
le mamme sul lavoro sono spesso malviste
spesso la colpa è dei padri che non stanno a casa se il bambino è malato, del Comune perché mancano strutture di sostegno adeguate (leggi asili), delle forme contrattuali senza tutela e così via al lungo elenco dei motivi per cui una mamma o neomamma è considerata meno produttiva di una donna senza figli
la mia idea è che spesso le mamme sono malviste perché una mamma (numeri irrisori, statisticamente irrilevanti) ha creato il precedente “mamma=una che lavora meno/non lavora”
ovvio che davo per scontato che dopo tanti anni si fosse capito che i blog non fanno giornalismo e che non serve sottolineare che sui blog si esprimono opinioni personali
state bene
Hai scritto:
“ovvio che davo per scontato che dopo tanti anni si fosse capito che i blog non fanno giornalismo e che non serve sottolineare che sui blog si esprimono opinioni personali”
Questo è un modo per tagliare corto e non risponderci?
volevo sottolineare che è una mia opinione che il pregiudizio è facile da alimentare, anche se credevo non fosse necessario ribadire che sul mio blog esprimo mie opinioni
Non ho ancora figli, ma quando ne avrò, se la legge mi consentirà di passare con il mio bambino più tempo possibile, lo farò eccome!
A volte, per chi è fortunata economicamente, il lavoro passa in secondo piano, tante cose passano in secondo piano, perchè sei diventata mamma e il tuo cuore scoppia di angoscia al solo pensiero di alzarti ogni mattina e mettere il tuo bambino nelle mani di un’estranea, di non passare con lui la giornata, di non seguirlo mentre si evolve perchè sei costretta a vederlo solo un’ora al giorno…perchè devi lavorare, magari anche se non ne hai bisogno, perchè sennò certe altre mamme (invidiose) si sentono offese. Ma per favore.
senti, sarò sincera: ho letto il post di corsa e i commenti tutti, le prime 10 parole di ogni commento. due cose:
– l’asilo nido comunale e privato a milano costano particamente lo stesso (485 € quello comunale, perché chiaramente le rette sono su redditi ridicoli, 600 € quello privato, dove però ti preparano il pranzo lì, al di là delle beghe burocratiche io non mi sono neanche posta il problema, ho scelto quello più vicino, e guadagnavo due lire, allora come adesso)
-ho scritto un post che inizia quasi come il tuo.
comunque, al di là di tutto, credo ci sia una concezione di lavoro e una cultura del lavoro che dovrebbe premiare meno la presenza e più il risultato (così, la butto lì), forse anche la visione delle mamme cambierebbe, a tal proposito.
il link del tuo post?
sorry, l’ho pubblicato oggi, lo trovi per primo, comunque questo: http://milanoelorenza.blogspot.com/2009/11/di-leggi-e-cultura-aziendale-per-un.html (te l’ho incollato anche su friendfeed, sto facendo un marketing forsennato
brava, così si fa (ti ho risposto anche su ff)
Ciao, a me sembra che anche la maternità debba cambiare, come tutto il resto; forse stanno morendo i giornali, la famiglia non esiste più perché esistono tante famiglie, dalle campagne le persone vengono in città, nelle città – e in alcune città di più – si corre, lo spazio del tempo è compresso, eccetera. Mi sembra che alcune pensino al fare e crescere figli un po’ come li si faceva e li si cresceva 20, 30 anni fa. Oggi una donna a Milano probabilmente lo deve fare e poi lasciare molto, molto di corsa. Come fa quasi tutte le altre cose della sua vita, a Milano. Lo farà crescere un po’ con i nonni, un po’ con le tate, un po’ al nido, lo vedrà poco. Forse nascerà una nuova professione: quelli che aiutano i genitori a fare i genitori e lavorare (quando ha la febbre, quando il nido fa vacanze lunghe, quando quando).
Io quando leggo certe cose penso a quelli che si lamentano delle piccole librerie indipendenti che scompaiono; cavolo il mondo cambia. Non scompaiono i libri, scompaiono le librerie. Qui non scompaiono le mamme o i genitori, qui forse scompare l’idea della mamma chioccia – e meno male. Forse i figli di queste nuove mamme a 18 anni se ne andranno di casa, finalmente.
Io sono cresciuto con una mamma che lavorava, che spesso mi veniva a prendere all’asilo con ore di ritardo e io stavo nella portineria, da solo con la custode, ad aspettare che passasse. Poi più grande tornavo da scuola da solo, mi preparavo da mangiare, ero solo fino a sera. Sono cresciuto benissimo. OK, sono gay – ma non credo sia per quello, e comunque sarebbe un problema, mamme?
il mondo cambia e ogni cambiamento scombussola un po’, a quanto pare
grazie (ma io sono una di quelle che penserebbe che no, non sarebbe un problema)
Stasera ho tenuto in braccio la mia nuova nipotina che ha 40 giorni di vita. Che amore che tenerezza! Guardavo mia cognata: ha ancora la gioia negli occhi, non si accorge del rigurgitino che le sporca la felpa…e già deve attrezzarsi per tornare al lavoro. Deve disconnettersi dalla figlia, deve lasciarla in sospensione dalle nonne. Deve contrattare il tempo del riposo con il desiderio di interagire con la piccola. La fase eroica è finita con il parto, ora è iniziato il lento e inesorabile distacco…non dovrebbe essere così. Il mondo cambia ma i figli vogliono le stesse identiche cose di sempre, siamo noi mamme a volere qualcosa di diverso e prima del previsto! Ciao
storie di ordinaria follia, o di ordinaria normalità?
Roma, non Milano. Se convivi, fai un colloquio e la domanda è “pensi di fare figli?”. Se stai lavorando e dici che ti sposi, la prima risposta non è “Congratulazioni”, ma “Mio Dio, non sarai mica incinta?”. Poi continui a lavorare, e dopo 4 anni ti chiedi perchè non ti fanno altro che contratti a progetto. La risposta: “perchè non hai figli, quindi potresti rimanere incinta da un momento all’altro”. Insomma, qui si rischia di arrivare alla menopausa, prima di avere un TFR, la possibilità di essere malate, o di avere ferie che siano tali.
Domitilla ha colto in pieno la questione: ben venga una legge che tutela le madri, ma chi tutela le donne da tutte le madri che se ne approfittano?
Beh, almeno voi come lavoratrici dipendenti avete una change.
Io che in questo periodo di crisi mi sono ritrovata senza lavoro ed ho deciso di rimboccarmi le maniche e darmi da fare aprendo una mia attività mi ritrovo senza alcuna tutela in caso di maternità.
Se resto incinta il problema è solo mio e se l’azienda chiude posso morirmi di fame io con tutto mio figlio.
Questa è l’Italia.
Che differenza c’è tra una donna incinta assunta, con contratto a progetto o lavoratrice dipendente?
Che solo la prima è tutelata…. le altre non sono lavoratrici, non sono mamme.
Un figlio ha bisogno di TANTE cose, e senza lavoro ed aiuto come si può fare?
Allora non domandatevi se al mondo nascono sempre meno figli…. ormai è diventato un lusso pure quello.
A questo punto o vengono tutelate TUTTE o NESSUNA…. e basta.
E’ inutile aprire discussioni sterili su questi argomenti quando poi è solo un privilegio concesso a poche (che si lamentano pure!).
Mamma sono io come lo è una lavoratrice dipendente… e vi assicuro che io le tasse le pago, e le pago pure profumatamente….
Diventare madre non è più la cosa più naturale di questo mondo ma bensì è diventato un DIRITTO….. ma vi rendete conto??
anche i lavori autonomi (e a progetto anche di più) hanno diritto a una indennità di maternità, dall’istituto di previdenza sociale di pertinenza; lo dico a ragion veduta: sono diventata mamma… a progetto 😉
Si infatti! Questo link può essere di aiuto: http://www.inps.it/newportal/default.aspx?itemdir=6588
Arrivo tardi a commentare, però ci tengo a dire che non è proprio possibile equiparare la maternità dei dipendenti con quella dei lavoratori autonomi, almeno per quella che è la mia esperienza di libera professionista.
Detto questo, sicuramente hai ragione nell’affermare che molte mamme si approfittano delle tutele che hanno, molte si adagiano, molte trovano nella maternità una scusa peroì tralasci il fatto che non sempre è possibile conciliare, che mancano i servizi per la prima infanzia e che avere un figlio e seguirlo non dovrebbe essere un lusso.
non parlavo delle difficoltà oggettive: vivo a Milano, gli asili nido ci sono, funzionano, fanno l’orario lungo, per esempio; parlavo delle difficoltà che molte decidono di non superare
su questo non c’è dubbio, hai ragione.
purtroppo però, la realtà di Milano non è la stessa di molte città italiane, soprattutto nelle province. E i costi spaventano molte donne, che magari già facevano un lavoro che non amavano.
Io preferisco dare tutto quello che guadagno all’asilo ma lavorare, perchè amo il mio lavoro e senza non sarei io, però capisco che non è da tutti. certo, devi lottare per fare il lavoro che vuoi, nessuno regala nulla, ma molto dipende dalla situazione ambientale, economica e sociale in cui nasci e dai tuoi modelli di riferimento. Differenze oggettive che spesso si trasformano in limiti.
In effetti i medici che fanno i certificati falsi di gravidanza “a rischio” (come quelli dei falsi invalidi e falsi ciechi) non sono medici “compiacenti”, sono medici corrotti: devono essere sospesi dall’esercizio della professione e finire in galera. http://livepaola.blogspot.it/2011/11/donne-e-mercato-del-lavoro-una-modesta.html
Vivo a Milano, ma sono siciliana, mi hanno buttato fuori dallo studio in cui lavoravo come collaboratrice (da quattro anni) quando ero incinta di tre mesi. Ad una settimana dal parto la notizia che la collaborazione di mio marito (durata 7 anni) sarebbe terminata. Senza preavviso, senza indennità di disoccupazione, per carità lavorando con la partita iva è così, ma sarebbe utile che i dipendenti ricordassero quanto prezioso è un contratto, una maternità di 5 mesi e la possibilità di rientrare al lavoro, uno qualsiasi. Scusa lo sfogo, mio figlio dorme ed io cerco nuove vie, un lavoro che mi consenta di guadagnare più di quanto costa pagare qualcuno che si occupi di lui, nato a luglio, per cui devo attendere settembre per il nido comunale.