Nel 2001 lavoravo nella redazione di Radio Uno Musica, il contenitore musicale di Radio Uno. Sì, di quell’esperienza ne ho già parlato qua. Ma per riassumere:
ero appena arrivata in Rai e nella redazione c’era un solo pc in una scrivania vuota. Scelsi di sedermi lì chiedendo di poterlo accendere. «Non dire che lo sai usare altrimenti ti chiederanno di farlo», mi suggerì una collega che non ascoltai. Due mesi dopo lavoravo sul sito di Radio 1.
Il mio contratto era a tempo, ma poco prima della scadenza venni coinvolta in una riunione col direttore al quale, ai tempi, avevano dato mandato di occuparsi anche di digitale. Ricordo che mi fecero tante domande e io ne feci una: chi avrebbe seguito questa cosa? Erano i miei ultimi giorni lì ed ero sinceramente interessata a ciò che sarebbe successo poi a quello che io avevo seguito fino ad allora. A fine riunione un collega mi riprese spiegandomi che era passato il messaggio sbagliato: Io vado via e voi non siete capaci.
Ho imparato che non è mai vero. Ma facile che venissi fraintesa.
Ho anche imparato a fare sempre più attenzione: avevo 27 anni, oggi ne ho 40 e ammetto di non pensare di essere insostituibile da molto prima di iniziare a lavorare. Ma è un errore frequente.
E qui finiscono i fatti miei.
Questa è la storia di Donatella, Barbara e Alice e di come le persone imparano, cambiano e raccontano cose belle perché lo sanno fare e non conta quale sia il supporto su cui le storie vengono messe o vanno a finire.
Scrivo raramente di cose di lavoro perché mi piace raccontare come si evolve il digitale e non solo i piccoli grandi passi che nel digitale fa l’azienda in cui lavoro. E sì, come faccio con qualsiasi altra notizia, cerco di raccontarvi solo le cose che mi piacciono davvero tanto. E questa è una di quelle. Ma ve la raccontano meglio loro qua dove, parlando delle storie di cambiamento possibile che stanno raccogliendo, scrivono del potere delle tre C (cambiare le abitudini, condividere le idee, coinvolgere chi si ama).
Giorni fa ho pranzato con loro e mi hanno raccontato con entusiasmo cosa stavano facendo. Donatella mi ha anche detto quanto stesse spendendo in accessori e cose utili per il suo smartphone. Ah, sì: la novità è che sono loro stesse a girare i video – che potete vedere qua – con lo smartphone e non solo raccontano storie belle, ma le raccontano bene. Io quest’esempio qui lo tengo buono per i corsi in cui insegno* soprattutto a non aver paura del digitale. Come dice Miriam Bertoli, citata da Biljana Prijic:
ricordate che sul web almeno non si ha l’ansia del Visto si stampi, e si possono fare piccole migliorie man mano; ergo: non procrastinate, fate!
* Piccolo spazio pubblicità: per il terzo anno consecutivo torno a Padova per insegnare Social Network e Comunicazione Digitale, il mio corso nel Master in Comunicazione delle Scienze del Dipartimento di Fisica Galileo Galilei all’Università di Padova. Il bando d’ammissione è qui e scade il 13 novembre. La novità è che quest’anno – com’è che si dice? visto il successo delle passate edizioni – ci si potrà iscrivere al mio corso come modulo singolo. Seguiranno informazioni: i corsi iniziano a gennaio.
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se uno sa raccontare storie non conta quale sia il supporto su cui le storie vengono messe o vanno a finire http://t.co/nRsVhxesHw
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