Hanno trovato Provenzano, grazie ai pentiti e anche al Dna.
Era di tempo fa la notizia che in Inghilterra le legal fiction stiano rendendo i criminali più furbi, più attenti a non lasciare tracce. Non lui.
Da un’indagine commissionata dal Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie, il 30% degli italiani è convinto che il Dna si ricavi dalle impronte digitali. Gente che non guarda la tv, come Provenzano.
In attesa di una banca mondiale e intercomunicante del Dna, su Internet si può comprare – come sempre – di tutto un po’: un’idea simpatica (un po’ paranoica ma simpatica) per “personalizzare” i propri averi è offerta dal DNA Print-Kit. Si preme un dito nell’inchiostro simpatico fornito nella confenzione e si “timbrano” i propri oggetti di valore; l’impronta non sarà visibile all’occhio umano ma tornerà magicamente fuori grazie all’utilizzo di un particolare Detector UV.
Perché fare tutto questo? Per fornire alla polizia, in caso di furto, una lista degli oggetti “marchiati” e in caso di ritrovamento avere la “garanzia” di appartenenza del prodotto. Il kit costa 47 euro.
Meno fantascientifico il Genographic Project. IBM e National Geographic hanno realizzato un kit per prelevare da sé il Dna per partecipare a uno studio mondiale sugli spostamenti di ceppi genetici. Altro che conoscere il proprio casato con l’araldica! Il Public Participation Kit costa circa 100 euro.
[Per i malati della Crime Scene Investigation che volessero mettere alla prova le proprie capacità di detective, il sito di Replay, ha messo online da ieri un investigative game il cui primo caso, però, è già stato risolto (in premio c’era un cofanetto della serie completa di Distretto di Polizia 5). Nella foto avrebbe dovuto esserci quel figaccione di Silio Bozzi]
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Eh beh, Silio Bozzi…
Mica l’ultimo…
Ho avuto il privilegio di essere una sua studentessa.
Una mente come poche…