C’è un grande tabù a parlare di compensi. «Quanto guadagni?» è una domanda molto personale (quanto fare domande su peso ed età), ma il punto è un altro. Quando ci viene chiesto, quello che molti di noi sentono veramente è: «Qual è il tuo valore come persona?». In effetti parlare di soldi è sempre complicato, spesso è legato a sentimenti di vergogna o imbarazzo, sia che si parli di successo che di fallimento. Quindi no che non dovrebbe essere un metro per l’autostima, ma serve parlarne perché il segreto salariale ha delle conseguenze dirette sulla mancanza di trasparenza e sulla disuguaglianza retributiva che – indovina un po’? – colpisce in maniera sproporzionata donne e minoranze. Da qui l’invito a discutere apertamente di stipendi tra colleghi. Certo che capita di essere scoraggiati a farlo, in sede di trattative varie come quelle su premi, bonus e aumenti, ma non è vietato. Ospite di Domani da tre settimane ho già ricevuto un po’ di lettere. Ci sono lamentele e sfoghi. Ci sono abituata: il libro Il pessimo capo (Longanesi) è nato così, ho ascoltato storie, lamentele, sfoghi. Poi il 13 ottobre è stata approvata dalla Camera all’unanimità – incredibile vero? – una proposta di legge sulla parità salariale tra i generi, che andrà a integrare il Codice delle pari opportunità del 2006. Deve ancora passare al Senato [EDIT: la legge è stata approvata il 26 ottobre 2021].
Potremmo non parlarne, se non fosse che parlarne serve: tra le altre cose la proposta aggiunge tra le discriminazioni indirette (quei comportamenti che sono neutri solo apparentemente) «la modifica delle condizioni e dei tempi di lavoro che sfavoriscono in ragione del sesso e delle esigenze familiari». Penso ci sia un solo modo per iniziare a cambiare le cose: notarle.
Sì, le carriere delle donne sono frenate da una disparità sul posto di lavoro e il condizionamento sociale ha fatto sì che le donne si sentano spesso meno meritevoli il che ha un impatto diretto sulla loro carriera. Come si riduce il gender pay gap? In breve: con ogni mezzo. Ho pensato che dovevo parlarne. Parlare di soldi. E l’ho fatto a cena con gli amici. «Da me in ufficio è fatto espresso divieto di parlare di quanto guadagniamo». Ho chiesto in che modo fosse vietato, se avessero firmato un non-disclosure agreement. «No, ma il mio capo a me – come penso a tutti – ha detto di non dire a nessuno quanto prendo di stipendio né di aumenti».
Sapere qual è la media di mercato per un determinato lavoro sposta le trattative economiche a favore dei dipendenti. Pensaci: perché in sede di colloquio ci viene chiesto quanto guadagniamo prima di dirci qual è la cifra che hanno pensato di destinare a quel ruolo? La conoscenza serve a darci la certezza che l’azienda può permettersi di pagare più di quanto non stia proponendo come sola conseguenza del nostro stipendio attuale. Per questo vale la pena provare a fare la differenza.
È capitato a tutti non chiedere. È capitato a tutti che non fosse la prima cosa che ci dicessero a un colloquio. A volte neppure l’ultima.
In America la gente parla di stipendi, del proprio e di quello a cui vorrebbe arrivare. Di rate del mutuo e di spese. Quindi, abituata a farlo, sa trattare meglio. Mi è capitato di recente di fare una chiacchierata con una persona che voleva cambiare mestiere. Mi chiedeva cosa pensassi di tutta una serie di lavori che mi riassumeva elencandomi i relativi job title, io ho iniziato ad associare quelle etichette a una RAL, la remunerazione annua lorda. Molti suonavano già meno interessanti.
Serve parlare di soldi. So esattamente quanto guadagna il mio fidanzato e quali sono le sue spese. Quando usciamo, partiamo o andiamo a fare la spesa dividiamo tutto e per tenere traccia di tutto (senza ogni volta dire pago io, paghi tu) usiamo Splitwise che è un’app molto comoda, vi servisse un’idea. Due anni fa una mia amica è andata a chiedere il mutuo in banca. La banca dove ha il suo conto personale e quello della sua azienda. Le chiedono prima se abbia un marito. Risponde di no. Chiedono se può accompagnarla il padre, allora. Lei ha trent’anni e da sei anni ha un’azienda dove paga lo stipendio, ogni mese, a sette persone. Ha cambiato banca. Serve parlarne. E io ora vado a chiedere un aumento che è un po’ che non lo faccio.
E da te in ufficio come va? Qualcuno ha avuto un aumento di recente? E tu?
Ognuno di loro ha una storia da raccontare, non solo legata a uffici che magari abbiamo avuto in comune, o a situazioni lavorative nuove.
Vuoi raccontarmi la tua?
Ogni lunedì? inizieremo insieme la settimana. Mi siedo accanto alla tua scrivania. Chiacchieriamo un po’. Vediamo cosa c’è da fare. Insieme.
Manda la tua storia a lettori@editorialedomani.it.
A lunedì.
PER SAPERNE DI PIÙ: ll pessimo capo. Manuale di resistenza per un lavoro non abbastanza smart (Longanesi).
Quest’articolo è uscito lunedì 25 ottobre 2021 su Domani con il titolo:
UFFICIO E NON SOLO – OGNI LUNEDÌ
E tu quanto guadagni? Il tabù sullo stipendio che rafforza le aziende.
Nella stessa rubrica:
Siamo tutti pessimi clienti, pessimi capi o pessimi dipendenti?
Quanto costa farmi perdere tempo.
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