* LEGGIAMO CIÒ CHE CI MERITIAMO? ::

(…) così i giornalisti non più il ruolo di informare, ma di accapponare; e prima ancora, di convincerci che ci accapponeremo.

Luca Sofri chiude così il post sul clickbait.
Io mi chiedo: funziona?

Pare di sì. Oppure so’ tutti matti a usarlo?

Nel frattempo Massimo Mantellini – parlando degli ospiti che vanno a parlare di politica in tv – scrive:

Siamo una società sclerotizzata ed anziana che si basa su figure di riferimento a sé adeguate.

E io non ho altro da aggiungere oltre questo tweet.

 

* SPIEGAMELO BENE E SE NON HO CAPITO SPIEGAMELO ANCORA ::

Durante la Dinner Speech della Bocconi Alumni Association, due sere fa, Luca Mignini, top manager di Campbell ha detto:

«Come team leader, è giusto che il tuo team conosca i tuoi punti deboli, così che sappiano gestirti».

E ho pensato a quanto poco spesso raccontiamo agli altri le nostre debolezze. E quanto poco siamo abituati a valorizzare le confessioni altrui.
E tu: cosa (e quanto) racconti di te? 

Anni fa ho partecipato a un progetto di Marina Abatista: Istruzioni per l’uso (sfogliando la gallery, ci trovi anche le mie).
L’idea alla base era:

«Non sarebbe tutto più facile se ognuno di noi arrivasse con un libretto delle istruzioni? Come un frigorifero o una macchina fotografica. Certo, forse sarebbe meno divertente, ma di sicuro più semplice. Così sai com’è che funziono. Mica perché sei tonto, è che siamo tutti ingranaggi».

Mi piacciono gli spiegoni. Tanto quelli necessari: spiegato bene de Il Post è un genere. A prova del fatto che mica è vero che i giornali le cose ce le spiegano sempre bene.

Hai visto Roberto Saviano a Che Tempo Che Fa parlare dell’intervista a Porta a Porta del figlio di Riina? «La mafia sta parlando e la cosa più grave è stata che non l’abbiamo capito», per questo era necessario che qualcuno lo spiegasse. E bene.

 

* RAGIONARE PER DUBBI ::

«Come possiamo cercare di migliorarci?», sì Massimo Polidoro ha iniziato proprio così il suo intervento alla Colazione +1.
Colazione+1 7/3/2016

«Non è facile evitare i bias e non è possibile vivere di sola razionalità. Ma si può almeno cercare di coltivare una mente critica. Che non significa polemica, ma interessata a capire e ad andare a fondo delle cose».

Come coltivare una mente critica

  1. Evitare di saltare subito alle conclusioni (Holmes)
  2. Leggere (contrastare il decadimento cognitivo e l’invecchiamento cerebrale)
  3. Favorire una “società critica”, con osservatori critici che possano osservare senza essere coinvolti
  4. Imparare e a distinguere ciò che si crede da ciò che si è e da quella che è la verità dei fatti (non scambiare le nostre credenze con ciò che siamo o, peggio, con la verità)
  5. Coltivare e mantenere una mente aperta significa essere:
  • pronti ad accettare il nuovo;
  • flessibili, adattarsi alle nuove persone/esperienze (elasticità mentale);
  • farsi tante domande.
5 suggerimenti per riuscirci
  1. Cambiare abitudini, partire d quelle piccole per arrivare alle più grandi.
  2. fare ciò che non si conosce (non solo ciò che piace già).
  3. Non fidarsi ciecamente di quello che dicono gli altri (non delegare agli altri le esperienze).
  4. Non avere paura (non anteporla alla conoscenza).
  5. Bilanciare l’apertura mentale con un atteggiamento critico. Chi vuole farci credere qualcosa, farci spaventare di qualcosa ci induce al conformismo. Dobbiamo, invece, sempre ricordarci di ragionare con la nostra testa. Dunque, apertura mentale sì, ma con spirito critico.

Quali sono i bias principali?

  1. Correlazione illusoria: tendenza ad associare due variabili anche se non c’è una relazione (pensiero magico, giocatori, pregiudizi…)
  2. Senno di poi: tendenza dopo un fatto, spesso di fronte a un fallimento, a ritenere che sarebbe stato prevedibile (Te l’avevo detto! Lo sapevo! Me lo sentivo!…)
  3. Pregiudizio di conferma: cercare conferme alle proprie convinzioni rifiutando le evidenze che le contraddicono (errore a volte della scienza, ma anche in chi non è aperto alle innovazioni)
  4. Effetto alone: valutare positivamente in base a pochi indizi (per esempio: l’aspetto fisico)
  5. Blind Spot (presupposto di tutti i bias): le persone vedono distorsioni del giudizio ed errori di ragionamento più negli altri che in se stessi. Ognuno di noi ha l’impressione di vedere il mondo oggettivamente, mentre ci sfugge una zona (cieca) dalla quale escludiamo noi stessi.

* IL METODO SALVINI ::

Non è una questione politica la mia, tutto si può pensare tranne che io – che ho fatto della mia influence (?) in Rete un giveback per l’UNHCR – voterei mai per la Lega eppure tanto di cappello per la comunicazione politica di Salvini. Uno che sa cosa comunicare, a chi e in che modo.

Ho letto Il metodo Salvini, di Francesco Del Vigo e Domenico Ferrara e ve lo consiglio (tenendo conto che scrivono entrambi per Il Giornale e che quindi… potrebbero essere un po’ di parte) perché Salvini è davvero – come dicono gli autori:

un caso da manuale di comunicazione politica compulsiva, costante e senza freni.

Corrado Passera, lo stai facendo male

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* 10 COSE CHE HO IMPARATO DA UN PESSIMO CAPO ::

Da questo post è nato lo spunto per Il pessimo capo. Manuale di sopravvivenza a un lavoro non abbastanza smart (Longanesi 2021).


 

No, il pessimo capo da cui il titolo non è una persona sola (troppo facile), è un lavoro corale. Di tanti piccoli capi che ho avuto, che ho conosciuto, di cui mi hanno raccontato. Che su queste cose anche il “sentito dire”, il racconto di un amico, serve. Anche se a volte serve solo a farti sentire meno solo.

Per questo – più di un anno fa, ormai – ho lanciato una discussione sul tema:

Più di un anno fa sì, perché se mi segui sai che ho deciso di pubblicare i post in bozze seguendo l’ordine deciso da una estemporanea votazione su Facebook, che si sa non serve a nulla, ma tant’è ora va così e questo è il secondo dei post, in ordine di preferenze.

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