Tra una cosa e l’altra ho letto Quel pollo di Icaro. Come volare alto senza bruciarsi le ali(Sperling&Kupfer). E dopo aver scritto, in Due gradi e mezzo di separazione, che dovremmo smetterla di voler essere una mucca viola a tutti i costi ho fatto un po’ di domande a… Seth Godin che, nel frattempo, pensavo avesse cambiato idea sulla necessità di essere unici e straordinari a tutti i costi.
In La mucca viola. Farsi notare (e fare fortuna) in un mondo tutto marrone, nel 2003, diceva «O sei una Mucca Viola o non sei nessuno. Straordinario o invisibile. A te la scelta».
Sono passati dieci anni, ha cambiato idea? In cos’è diversa la mucca viola dagli artisti di cui parla (e che incita a diventare) in Quel pollo di Icaro?
Io non credo ci sia una gran differenza, come dici tu. Il motivo per farsi notare ha ancora senso, oggi più di ieri. Rivolgersi direttamente ai consumatori può non essere efficace come prima perché c’è troppo rumore affinché un messaggio passi e ci sono troppe alternative. Prodotti e servizi degni di nota, d’altra parte, sono – per definizione – suggeriti da una persona a un’altra diventando oggetto di conversazione. Noi li “rimarchiamo”. E così avviene il passaparola. E quando ciò avviene, si ottiene attenzione il che dà la possibilità di creare fiducia, un elemento essenziale di contatto. Invece, l’arte, l’arte è qualcosa di diverso, un livello superiore. L’arte è opera di una persona, qualcosa che potrebbe non funzionare, qualcosa che teniamo molto a cuore, qualcosa che ci mancherebbe se si perdesse. E sì, al fine di creare vere contatti, non devi solo attirare attenzione, tu devi creare arte.
Se usate il vostro denaro per comprare spazi pubblicitari e promuovere un prodotto ordinario pensato per persone ordinarie, ben presto il vostro denaro finirà. Ma se usate i soldi per creare prodotti e servizi eccezionali, non avrete bisogno di spendere un centesimo in pubblicità, perché i vostri clienti ve ne porteranno di nuovi tramite il passaparola.
Se tutti creano servizi eccezionali nessuno è più eccezionale. Per avere successo serve quindi sperare nel fallimento e nella mediocrità altrui?
La tua tesi non è corretta. Quando le cose diventano degne di nota, allora sì, ne parliamo e spiccano. Non appena altre cose trovano un’altra via per risultare interessanti , ciò che invece avevamo creduto durevole e magico inizia a perdere interesse. Il gioco si resetta, restando sempre nuovo.
Sperare nel fallimento altrui è un gioco cinico, non pensi?
La connection economy si regge su una ferrea dieta a base di novità, concretezza e importanza, dando origine a un nuovo tipo di risorsa, che oggi per la prima volta siamo in grado di calcolare e valutare. Di colpo, a contare e a creare valore non sono più gli edifici, le regole o il packaging, ma i ponti con cui riusciremo a far comunicare le persone.
Qual è la dieta di Seth Godin, cosa legge e dove si nutre di novità?
Ho una dieta mediatica: niente spazzatura, niente tv, niente che sia trasmesso per giovare all’emittente anziché a me. E ho una dieta alimentare simile… penso che sia molto facile prendere ciò che ti viene offerto invece di sforzarsi a scegliere e scegliere meglio.
Quali sono i punti di partenza dei suoi ponti più importanti e come capire da dove iniziare a costruirne uno?
Penso due cose: fare da guida, andare dove le persone desiderano seguirti. E fidarsi degli altri, senza falsità, semplicemente perché puoi.
Che le informazioni siano preziose è diventato palese quando la rivista Tv Guide ha venduto un numero di copie tale da incassare una cifra superiore al valore degli stessi network televisivi. Oggi le informazioni su un contenuto valgono più del contenuto stesso.
Quali devono essere le competenze per raccogliere e raccontare agli altri le informazioni?
Credo che la cosa più importante sia iniziare. Iniziare a elaborare e capire. Iniziare con uno, sbrogliare un mistero, decifrare una cosa che non capivi, e rifarlo. Troppo spesso, insistiamo col perfezionismo quando siamo solo all’inizio.
Giornalisti e blogger sono preparati a fare… da guida alle informazioni?
Le competenze sono sopravvalutate, certo. Ma tutti noi siamo capaci di sporgerci avanti, di cercare di capire. Spesso ciò è abbastanza.
Le persone di successo sono molto brave nell’etichettare individui, situazioni e idee. Farlo permette loro di processarli più rapidamente e con maggior profitto. Se conoscete la differenza tra un serpente e un bastone, avrete meno probabilità di essere morsi. Il problema con le etichette è che una volta applicate non si riesce più a vedere cosa c’è sotto. Di conseguenza, quando il mondo cambia e tutte le nostre designazioni diventano inutili, noi non riusciamo più a vedere le opportunità che ci si presentano.
Gli artisti imparano a riconsiderare le cose, a rinunciare alle etichette a guardare tutto sotto una nuova prospettiva.
Alcune etichette di partenza sono ancora utili?
Etichette precise sono sempre utili. La sfida è che è così facile usare etichette banali, sbagliarsi, catalogare qualcuno, per evitare la verità di fronte a noi. La semiotica è la scienza delle etichette e bandiere. Troppo spesso, saltiamo ciò che è difficile e ci accontentiamo di ciò che è facile.
Quali sono le etichette che Seth Godin usa per catalogare la propria rete di connessioni?
La tribù che ha scelto di essere coinvolta nel mio lavoro è appassionata. Sta mettendo in dubbio lo status quo. Chi ne fa parte dà valore alla fiducia che ha guadagnato e brucia dal desiderio di rendere le cose migliori. E quando va bene non ci prendiamo troppo sul serio…
[in corsivo ci sono le citazioni prese dal libro]