* PERSONAL BRANDING E IL METODO WALTER CHIARI ::

Ho una mia teoria personale sui nomi di persona inusuali, in breve: si ricordano (nel bene e nel male) più facilmente.

Chi era Walter Chiari? Pugile, giornalista, soldato durante la seconda guerra mondiale, ma ce lo ricordiamo tutti al cinema o in tv: Walter Chiari attore e presentatore televisivo.

Walter Chiari e Delia Scala, foto Enpals

In Rai gira questa storia: Walter Chiari – che aveva già fatto teatro, ma era poco conosciuto – voleva fare tv, ma nessuno lo chiamava.

Come farsi conoscere?

Quando si trovava negli studi della Rai, pass alla mano, scappava al piano dei dirigenti entrava nelle sale riunioni, negli uffici degli autori chiedendo: «Avete visto Walter Chiari?».

No, nessuno lo aveva visto, ma quando il suo nome iniziò a girare lo avevano già sentito.

* OGGETTI CHE TI CAMBIANO LA VITA: IL WEBTOP ::

Non mi piace la tecnologia touch. Il trucco che sporca lo schermo, le impronte… lo so, non è una posizione popolare. Ma tra iPhone e BlackBerry preferisco il secondo: mail, Twitter, Foursquare e poco altro… il resto dal pc.
Ma quando sono in giro, quando sono in viaggio e devo o voglio fare browsing?
Al Ces, Motorola ha presentato il Motorola Atrix come il futuro del mobile computing. Forse no, ma io – sempre per la questione touch – non sono una fan dei tablet. Quindi un cellulare che si comporta come un computer mi piace.
Motorola Atrix
Pesa 100 grammi. Solo 100 grammi.
Peccato che per usare la webtop serva avere un Motorola.
Note: ho tanti post in bozze che prima o poi vedranno la luce. Un po’ alla volta, magari trovo il tempo di programmarne la pubblicazione.

* VITA PUBBLICA E VITA PRIVATA AI TEMPI DI INTERNET::

Quanto vale la mia opinione?
Che peso ha sul mio cv la mia presenza online ?

Non ho adottato una policy di gestione online della mia vita privata: faccio check-in a casa, al lavoro, dal parrucchiere, al supermercato. Non ho lucchetti su Twitter e socialnetwork vari, su Facebook ho creato delle liste: amici, parenti, colleghi, gente mai vista… ma solo per tenere tutto in ordine perché accetto più o meno tutti (tanto amici è una parola grossa).

Domitilla Ferrari cc Luca Sartoni

Credo che la risposta a questi e altri dubbi sia – per me – una sola: io sono così come mi leggete. Il che mi semplifica la vita.

Lo immagino come un vantaggio per tutti. Anche per l’azienda per cui lavoro.

Ma ha davvero senso mettere la nostra faccia, il nostro nome, la nostra reputazione, i nostri blog, i nostri Twitter al servizio di questo o quel cliente / partner / sponsor / inserzionista / whatever? Cioè, sono nostri o sono del nostro datore di lavoro? E a lui, al nostro datore di lavoro, nel caso conviene davvero?

A lanciare  la questione è Marco Mazzei nel post A tutti noi che lavoriamo sul web: il dubbio.

L’ha rilanciata con una domanda Giuliana Laurita: Ma tu, blogger, ci sei o ci fai?

Visto il lavoro che faccio, la risposta la rubo a John Robinson, interpellato da Mark Glaser in Personal Branding becomes a necessity in Digital Age e citato da Personal Branding, di Luigi Centenaro e Tommaso Sorchiotti, Hoepli, libro da cui ho preso anche la citazione successiva.

Quando i giornalisti aggregano una tribù di affezionati, aiutano nello stesso tempo la testata. I giornali dovrebbero incoraggiare i loro reporter a sviluppare il proprio Brand.

Like

Io mi aspetto che il primo a promuovere un contenuto sia chi lo ha creato.
Non è sempre così: perché?

Che il mio lavoro sia scrivere contenuti o creare opportunità di marketing il discorso non cambia. Secondo me l’importanza della mia reputazione online, del mio personal branding, delle mie opinioni/esternazioni online non cambierebbe neppure se vendessi prosciutti.

Se lavori per un’azienda, è probabile che alcuni affari si siano concretizzati grazie a te, perché il cliente si fida di te e della tua reputazione ancora prima di quella della tua azienda. Ecco perché si può dire che il Brand di un’azienda sia fatto anche dalla somma dei singoli Brand dei dipendenti.

Il fatto che io senta così spesso gente chiedersi quanto sia giusto o sbagliato che un’azienda chieda ai propri dipendenti di condividere, di spendere la propria immagine per testimoniare un prodotto, mi fa pensare che interagisco con persone che non amano quello che fanno. O che non sono trattati bene dalle aziende per cui lavorano.

Identificarmi con il lavoro che faccio per me è importante: vivo in ufficio per la maggior parte delle ore della mia giornata. L’odio mi consumerebbe.

 

[nella foto – del 2009 – sono al Social Media World Forum, a Londra e sì avevo il pancione]

 

* NON SI BUTTA VIA NIENTE ::

Un posto a Roma che frequentavo volentieri era il ristorante vegetariano Jaya Sai Ma, a Trastevere, gestito da devoti di Sai Baba. Menu economico e vario per un primo piatto a scelta e secondi al buffet. Facile strafare, prendere più di quello che si voleva mangiare. Sui tavoli una scritta invitava a non sprecare il cibo.
A Las Vegas ho visto tanti buffet, moltissimi adottano la formula all you can eat. A parte che io dopo un piatto sono sazia, ma quanta roba buttano questi ristoranti?
E non mi dite che non si butta via niente, che si rimpasta un sacco di cibo in forme diverse… anche a casa siamo abituati a buttare tanto.

Ogni anno ognuno di noi butta in media 600 euro di alimenti nella spazzatura. Con la stessa cifra ci si fa un viaggio (o si comprano un sacco di scarpe).

Spazzatura cc lorydieffe

L’Università di Milano-Bicocca e Legambiente Lombardia hanno condotto un sondaggio online, elaborato dal dipartimento di Sociologia, sugli sprechi alimentari che ha coinvolto oltre 4000 cittadini milanesi.

I risultati?

Il 56% degli intervistati manifesta attenzione per il rispetto dell’ambiente, ma solo il 24% dichiara di essere pronto ad intraprendere nuovi stili di vita che possano incidere positivamente nella lotta allo spreco alimentare.

Per chi non sa da dove cominciare lo ZooPlantLab dell’Università di Milano-Bicocca ha ideato un programma di incontri sul consumo sostenibile.

Il primo incontro è oggi, mercoledì 19 gennaio 2011 dalle 18, all’enoteca Ligera in via Padova, 133 Milano.

Bibliografia:
Occhio allo spreco,  Cristina Gabetti, Bur
Imbrocchiamola, di Luca Martinelli, Altraeconomia

Link utili:
Vita a impatto 1
Ecocucina

* MASHABLE AWARDS, LEZIONE BASE ::

I Mashable Awards sono i premi promossi da Mashable, il sito di news, social media, tecnologia, web design e molto altro, nato nel 2005 dall’idea dell’oggi 25enne Pete Cashmore (sì, aveva 20 anni quando ha aperto il sito che secondo Technorati è il 4° blog più popolare, dopo The Huffington PostTechCrunchEngadget).

4th Mashable Awards

Il Gala in sè è una premiazione come tante, lo spettacolo del Cirque du Soleil che li ospitava breve, ma intenso e Pete Cashmore, sì, è bello come dicono.

I vincitori dei Mashable Awards (ma anche le nomination) sono un utile spunto per scoprire cosa funziona e di cosa si parla negli Usa, quindi… di cosa si parlerà presto anche da noi.
Per l’elenco di premiati e nominati c’è un’infografica, ecco, invece, il mio best of.
1 – Un tool online per gestire diversi social account in grado di sostituire il popolare TweetDeck? Hootsuite: gestisce Twitter, Facebook (sia profili che pagine), LinkedIn, Foursquare e persino blog su Wordpress… il Best Social Media Management Tool.

2 – Candidata tra le più promettenti nuove società, Quora, piattaforma di crowdsourced knowledge fondata nel 2009, sta annoverando iscritti anche in Italia da fine 2010; funziona – per ora su invito – con badge per la reputazione e i follower come Twitter, non solo per le persone, ma anche per le domande che compaiono nell’home con il flusso di feed come Facebook. Quora, è per ora, il luogo social deputato a domande professionali, per esempio, interessante questa sul Seo. Per saperne di più su come fare domande e risposte segnalo Welcome to Quora (il thread contiene utili suggerimenti per gestire una community, anche la propria).

3 – Per gli appassionati di gaming e fattorie, dopo Farmville (chi non ci ha giocato almeno una volta, a parte me?), il gioco online vincitore dei Mashable Awards è Farmerama, già tradotto in italiano.

Extra tips:
miglior servizio di geolocalizzazione: Foursquare (altro che in crisi post lancio Facebook Places)
miglior web design: il nuovo Twitter (andato online a settembre 2010)
– imprenditore dell’anno, secondo i Mashable Awards, è Doug Walker di  That guy with the glasses; Bed Intruder, invece, ha vinto nella categoria Best Internet Meme. Archivia come: Personal Branding.

 

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