* IO, COME ANNA WINTOUR

La città impazzita per la Milano Fashion Week, le corse da un evento a un altro, le attese interminabili davanti agli ingressi delle sfilate. Fashion editor di tutto il mondo passano da NY a Londra a Milano. Senza tregua, ma con il jet lag.

Hai 20 minuti per passare da qui a là, hai meno di 5 minuti per mangiare, pranzi in quello che di solito è il tempo per un caffè.

Anna Wintour alla Milano Fashion Week PE 2011

foto di Francesco Chignola

No, non sto davvero facendo questa vita in questi giorni, a correre sono gli altri. Io non corro mai, o comunque molto raramente.
Diciamo che a me correre fa venire l’ansia, ma in alcune occasioni lo faccio volentieri. Come quella volta a Torino per vedere La Sindrome di Pantagruel, compresa la retrospettiva di Takashi Murakami, per la prima volta in Italia. Ultimo giorno, sette sedi espositive, diverse e sparse per tutta la città e anche oltre, fino al Castello di Rivoli.

La mostra era aperta da quattro mesi, ma rimanda oggi, rimanda domani, era rimasta solo un’ultima occasione. E di quell’occasione, poche ore.

Di quella giornata ricordo i viali larghi e scorrevoli, nonostante i tanti cantieri (ancora) aperti per le Olimpiadi invernali di Torino 2006, ma soprattutto la sala ricoperta di mattoni per l’installazione muraria di Doris Salcedo. Ci sono entrata di corsa, infilandomi quasi di nascosto, mentre seguivo una delle custodi del museo che si stava sincerando che fossero tutti usciti, prima di chiudere le porte e dichiarare conclusa la mostra.

Al Castello di Rivoli, non conoscendo Torino, c’eravamo arrivati dopo aver visitato le altre tappe. Alcune, giocoforza, le abbiamo saltate; altre avremmo potuto saltarle. Il Castello di Rivoli no. La Fondazione Sandretto che ospitava  Murakami neppure. Ricordo un parcheggio a pochi passi dalla Mole e ancora adesso ci chiediamo perché sia stata presa come unità di misura per cose grandi, la Mole. Ho una mole di lavoro arretrato! Ma è piccola, la Mole!

Senza la tolleranza dei custodi che ci hanno visti piombare lì, poco prima dell’orario di chiusura, di fretta, correndo, con pochi minuti a disposizione, dopo 4 mesi dall’apertura; ma soprattutto, senza il Tom Tom non ce l’avremmo mai fatta. Mai.

E pensare che io non ho mai neppure preso la patente, ma – come Anna Wintour – alle mostre mi faccio accompagnare dall’autista.

best lover

Edit: questo post ha vinto il premio Viaggio per seguire le mie passioni di What you love!

* DITELO A QUELLI DEL MARKETING DI TEZENIS ::

Ditelo a quelli del marketing di Tezenis che la differenziazione degli investimenti pubblicitari su media diversi è sì un modo per colpire diversi tipi di pubblico, ma che il pubblico (non solo quello sul web) si sta facendo furbo.

la pubblicità Tezenis nel cestino della raccolta indifferenziata 21/09/2010 Stazione Garibaldi, Milano

Mentre la cover pubblicitaria comprata da Tezenis su Metro di oggi entra nel cestinometro del marketing, la stessa azienda, in questi giorni, ha proposto un contest video alle fashion blogger italiane.

The fashion blogger lifestyle, un video-racconto sulla vita dei fashion blogger, realizzato da Lost in Fashion, è già online sulla home page di Tezenis. Tra i fashion blogger scelti per l’operazione Veronica Ferraro, che non si fa sfuggire nessuna (buona)occasione di personal branding: rappresenterà il panorama dei fashion blogger italiani sul blog delle sfilate di DonnaModerna.com raccontando, insieme alle altre appassionate di moda, la Milano Fashion Week. Polemiche (che io adoro) a parte.

* LE FASHION BLOGGER? UNA TIRA L’ALTRA ::

Mi preparo alla Milano Fashion Week leggendo blog di moda, facendo amicizia con le fashion blogger e… imitandole un po’.

fashion blogger anch'io © Maurizio Pesce

Mi diverto così tanto che, mossa dall’entusiasmo, ci ho pure perso tempo (e non solo io) per candidarmi come modella alla sfilata del Fashion Camp durante la Milano Fashion Week.

* ANDARE A QUEL PAESE ::

Facciate senza intonaco, che quando c’è cade. Una via principale che porta i segni di una civiltà incompresa e cancellata, la pista ciclabile che non era piaciuta ai negozianti e che è stata messa e poi tolta nel giro di una stagione.

Un’agenzia per il lavoro nella cui bacheca degli annunci si trova di tutto: tutti lavori all’estero: cercasi barista per wine bar di Londra, cercasi cameriere per l’Olanda…

Annunci generici, ma per un posto di lavoro sicuro, altrove.

Mondragone, in una cartolina degli anni '80

In un paese che alla cronaca sale solo in occasioni di omicidi, processi e fatti di varia criminalità, ci sono una piazza dedicata a Giovanni Falcone e una via dedicata a Paolo Borsellino. Giusto di fronte al Comune.

L’insegna della strada dedicata a Borsellino è nascosta dietro al segnale di via a senso unico. Anche questo mi suona male. Sarà un caso, non l’hanno fatto di proposito, ma io l’ho notato proprio perché è qui, forse non me ne sarei accorta in un’altra città.

Roberto Saviano ha dedicato un capitolo di Gomorra a Mondragone, ai suoi rapporti con la camorra. Non c’è da andarne fieri, ma spesso mi è utile per spiegare dove sono cresciuta.

Ogni volta che scendo qui – due o tre volte all’anno – scopro negozi nuovi, appena aperti. Almeno tre, quattro alla volta.
Circa 12 negozi nuovi aprono ogni anno, ogni anno chiudono. Altri aprono, poi chiudono. Non so se manchi uno studio di fattibilità, se il commercio al dettaglio non regga più nemmeno nei piccoli centri, fatto è che chiudono.

Da un posto così serve andar via. I giovani – ma non tutti – scappano. Scappano quelli che hanno (o pensano di avere) qualche possibilità. Gli altri restano a impoverire un posto già povero.

* UNA PRECE ::

Milano Fashion Week

Ditelo alla Camera della Moda e al Comune di Milano, all’Atm e a tutti gli enti coinvolti nella realizzazione di quest’affissione: il nero non è sempre – non è solo – sinonimo di eleganza.

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