* PARLIAMO DELLE COSE IMPORTANTI ::

Secondo l’Ocse – l’organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico – l’Italia è nel gruppo con il ritardo digitale più consistente dei Paesi membri. Mancano le competenze di base che «si notano sia come individui che come lavoratori». Qui la sintesi dello studio dove si parla di: lifelong learning e open education (in breve: non date la colpa agli altri se nella vostra zona non ci sono utili offerte formative perché se volete imparare qualcosa ci sono i Mooc, i Massive Open Online Courses tra cui Coursera, nata – guarda un po’ – a Standford e che tra le tante è solo la piattaforma più famosa).

Quindi, visto che siamo tutti in una bolla in cui pensiamo che ripetere le basi non serva, proviamo a uscirne?
Per ripassare:
 Cos’è la filtre bubble, spiegato semplice da Filippo Marano.

Poi prima o poi accadrà pure, come dice Gianluca Diegoli, che il digitale non sarà più uno strumento di differenziazione competitiva, ma per ora non va ancora così.

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* TI VA DI FARE UN ESERCIZIO? ::

Siamo tutti produttori di contenuti, anche su Tinder.
Oggi anche l’app che prevede quando avrò il ciclo mi suggerisce dei contenuti da leggere, in italiano e su un tema specifico che in questo caso è, appunto, il ciclo. A quanto pare se scaricata un’app la uso abbastanza significa che gli argomenti correlati all’app mi interessano: così sono i consigli sulla corsa nell’app della corsa o i consigli sul dating su Tinder (come racconta The New York Times).

Quindi cosa mi interessa davvero lo potrei raccontare (anche) con uno screenshot delle app che uso. O in che ordine le ho messe. Io di recente ho disinstallato l’app di Facebook, ho messo Instagram nella seconda schermata, insieme a quella del ciclo e alle app per fare la spesa online (Prime Now, Esselunga a casa, deliverii vari).

Le app che uso più spesso sono comunque nella prima schermata: il calendario, le mail (di lavoro e non), Twitter e WhatsApp.

👉E tu quali app usi di più? 

Dicevo uno screenshot. Ma anche fare una lista aiuta a conoscerci meglio: ogni anno nel corso di Comunicazione Digitale che tengo all’Università di Padova dedico una lezione alla riconoscibilità – online – delle proprie competenze.

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🖊️Ti va di fare un esercizio?
Prendi un foglio di carta e una penna.

Ora apri Facebook, vai sul tuo profilo e scrivi sul foglio di cosa parlano i tuoi ultimi 3 post (pensi che chi ti cerca ne leggerebbe di più?).
A lezione oltre a questa autoanalisi chiedo agli studenti di cercare il proprio/la propria vicino/a di banco su Google, e scrivere su un foglio tre temi a cui principalmente lo/la associano. In base ai risultati che hanno visto al volo. Questo è il momento della rivolta: a nessuno dei miei studenti piace quello che il vicino ha visto.
– Ma tu sei andato a vedere quello che avevo scritto accanto a quella foto.
– Lo hai scritto tu online.
Nessun articolo pubblicato per Science Magazine o il racconto delle ore passate a studiare la struttura delle particelle subatomiche (insegno nel master del Dipartimento di Fisica e Astronomia, per cui sono esempi verosimili), ma come tutti hanno messo online l’ultima birra bevuta con gli amici, commenti sportivi, storie d’amore e così via. Come tutti.

Raccontiamo di noi tanto ovunque. E poco delle nostre competenze.
📒E quindi ovviamente l’esercizio si conclude con una lista di buoni propositi: cosa puoi fare per migliorare la percezione degli altri delle tue competenze?

* FACCIAMO UNA PAUSA? È CHE NON POSSIAMO PERMETTERCELA ::

Parliamo d’amore, ancora ché su consiglio di Aurora (che ha un nuovo blog che ti ho già consigliato mail fa) ho iniziato a vedere Dating Around. Intanto Sport Illustrated riporta l’intervista a un giocatore di baseball (il titolo è bellissimo: Trevor Bauer è più preoccupato di avere ragione che di essere apprezzato) che tra le sue regole per il dating mette in cima questa: «Appena mi accorgo che stai pensando a una relazione capisco che è il momento di chiuderla».

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*UN DEBITO DI IDEE ::

Sai cos’è un debito di idee?

Non lo sapevo neppure io prima di leggere il racconto di Oliver Burkeman (qui tradotto da Internazionale).
Hai presente quelli – magari sei uno di loro – che prima di buttar giù una scaletta raccontano a tutti di avere un’idea per un libro di cui hanno già pronto il titolo? Quelli che non sanno che lavoro sia scrivere un libro, ma che tanto non lo scriveranno neppure mai. L’idea è che piuttosto di pensare e pensare e pensare a “come sarebbe se” dovremmo sempre – e tutti – provare a far qualcosa che (…) seppur di poco, alteri il mondo al di fuori della nostra testa. 

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Vale per qualsiasi cosa: cambiare vita, lavoro, disposizione dei mobili in salotto…

Anche cambiare strada per arrivare in ufficio aiuta a modificare il modo in cui pensiamo alle cose, affrontiamo i problemi.
Cambiare strada insegna a cambiare prospettiva. E questo l’ho imparato a colazione con Massimo Polidoro, come ho raccontato qua.

E tu: cosa vorresti (imparare a) cambiare?

[foto: CJ Dayrit on Unsplash]

* DECIDI DOVE VUOI ANDARE. IO TI CI PORTO ::

Ho un dono. So sempre dove vanno a finire le cose.

Non gli oggetti, le storie. Anni fa mi rovinavo il finale di tutti i film. Poi Lost mi ha spiazzato, sì e ancora non me ne sono fatta una ragione.
Vedere una serie tv con me non è divertente: so spesso cosa sta per succedere e mi diverto a raccontarlo. Ho sempre dato la colpa a un corso di sceneggiatura fatto nel 2003. Il viaggio dell’eroe, l’antagonista, la motivazione… la circolarità, tutto spiegato così semplice da vedere quel pattern ovunque.

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