Se non c’è nulla come il contatto fisico per costruire una community, basta una stretta di mano di 6 secondi* non c’è niente di meglio per capire come funziona la Rete che viverla.
Ogni piccola cosa che faccio o penso di fare per l’azienda per cui lavoro la provo o l’ho provata sulla mia pelle o su quella del network del mio network**.
Un vantaggio: in un momento in cui TUTTO cambia, nel giro di poco (pochissimo), testare TUTTO aiuta.
Aiuta me, professionalmente, aiuta il brand di cui mi occupo.
Regole?
Quelle della vita di tutti i giorni.
Quello che farei se arrivassi oggi per la prima volta nella piazzetta del paese.
Lì ho deciso di arrivare/passare le vacanze.
Sono un brand: cosa faccio? Come entro nella community della piazzetta?
Faccio grossi cartelloni pubblicitari che coprono la facciata del palazzo che ci si affaccia o mi presento e inizio a fare amicizia con chi c’è?
Spesso le aziende scelgono la cartellonistica.
Ma la guardiamo più? Non abbiamo voglia di qualcosa di più di una comunicazione a una via?
Perché devo comunicare? Perché sì.***
Questo è più o meno tutto quello che ho detto, durante la Digital Week, nell’Auditorium Santa Margherita dell’Università Ca’ Foscari in 13 minuti cronometrati, durante l’incontro Social Media, le nuove regole del gioco. Come dico sempre: ho buona memoria.
Nel pomeriggio, poi, ho tenuto un fast worksop sulla scrittura in Rete.
Di tutto quello che succede intorno a questo tipo di eventi una cosa mi fa davvero impazzire: i feedback. Chi twitta e retwitta durante l’evento, ma di più (e non me ne voglia il neonato fanclub) tutti quelli che, anche dopo giorni, continuano a scriverti dicendoti la loro.
Grazie.
Per saperne di più:
* cit. Marco Massarotto, Hagakure
** cit. Alberto Chiapponi, H-Art
*** cit. Massimo Bustreo, IULM
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