* 8 COSE CHE HO IMPARATO SULLA GESTIONE DEL TEMPO ::

Quello che segue è il racconto di Annalisa Monfreda di una delle Colazioni +1 di cui puoi leggere qui.

Donna ModernaA Milano ci sono persone che escono di casa due ore prima di andare al lavoro.

E non perché rimarranno imbottigliate nel traffico. Ma perché utilizzano quello spazio di tempo per fare networking davanti a un cappuccino e a una brioche. Tradotto: conoscere gente, ascoltare storie, imparare cose.

Stamattina l’ho fatto anch’io.

Alle 6.45 ero in auto, diretta al Nhow, dall’altro capo della città, per incontrare persone da cui mi separano meno di #duegradiemezzo, come recita il titolo del libro dell’inventrice di queste colazioni, Domitilla Ferrari.

Argomento del giorno: gestione del tempo. E questi sono i miei appunti.

#1 Il segreto per non sprecare il tempo è sempre lo stesso: andare alla sintesi.

In radio si dà una notizia completa in 30 secondi, dice Simone Spetia di Radio 24. Com’è che nelle riunioni e nelle email si impiega molto di più per dirsi molto meno? Eppure la capacità di sintesi, come dimostrano i bambini, è innata.

#2 Forse perché, e questa è la lezione 2, siamo abituati a riempire il tempo più che a usarlo.

Abbiamo interiorizzato una durata minima di meeting o giornate lavorative. E dilatiamo i nostri contenuti e le nostre attività finché non abbiamo occupato quel tempo e anche oltre, dice Gloria Bevilacqua di Studio Attivazione.

#3 Prima di indire una riunione, bisognerebbe chiedersi: ho almeno 3 cose importanti da dire?

In caso contrario, desistere.

#4 La lunghezza dei meeting è direttamente proporzionale al tasso testosteronico contenuto nella stanza.

Insomma, ci si dilunga per ragioni poco funzionali agli obiettivi, dice Simone Spetia di Radio 24.

#5 Avere una “vita-complicata” (e cioè occuparsi di figli, genitori anziani o semplicemente di una passione) non è un limite ma una risorsa.

Tanto che le donne, maestre del time management, sono ricercate nei team per riequilibrare la tendenza alla perdita di tempo.

#6 La possibilità di fermarsi in ufficio fino a tardi incentiva lo spreco di minuti.

Un imprenditore illuminato ha stabilito che le luci nella sua azienda si spengano alle 19.30. Ben fatto! (Anche il Pianeta ringrazia…).

#7 Altre due iniziative dall’alto che possono migliorare la gestione del tempo:

assegnare a ciascun dipendente un budget limitato di email da poter mandare ogni giorno. E togliere le sedie dalle sale riunioni: la scomodità ti ricorda che lì sei “in prestito”.

#8 Leggere le email ogni 4 giorni, come faccio io, non è un segnale di inefficienza.

Si chiama dieta a basso contenuto informativo, mi ha detto Enrico Lorenzi, di Studio Attivazione. E funziona perché – è dimostrato – le cose importanti verranno a cercarti e ti troveranno. Le altre, semplicemente potevi risparmiartele.

* QUESTIONI DI CULTURA AZIENDALE E MANAGERIALE. OSSIA: QUANTO TEMPO SPRECHIAMO ::

Quello che segue è il racconto di Simone Spetia di una delle Colazioni +1 di cui puoi leggere qui.


 

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Questa mattina Domitilla mi ha invitato a parlare di Time Management, ossia, tradotto grezzamente, di gestione del tempo. L’idea è che come giornalista radiofonico sapessi esattamente quanti sono 30” e lo sapessi trasmettere, per far capire a chi era venuto ad assistere ai miei cinque minuti di speech (nell’immagine il riassunto grafico di Sara Seravalle) quanto tempo sprechiamo quotidianamente in riunioni improduttive. Spero di averlo saputo fare, ma quel che più mi ha interessato è stata la discussione che ne è seguita, dalla quale emergono fondamentalmente alcune cose.

Le riunioni aziendali mal gestite sono, in termini di produttività del lavoro, il male assoluto. I motivi per i quali si protraggono all’infinito e ci appaiono inconcludenti sono varie. Le più comuni:

1) Quella che io definisco come sindrome da misurazione della lunghezza del pene, che può colpire indifferentemente uomini e donne, e che consiste nell’esprimere la propria opinione, ribadendola in mille modi e cercando tutte le possibili argomentazioni a favore. Lo si fa per primeggiare sui colleghi, lo si fa per dimostrare al capo che lo si ha più lungo degli altri.

2) La mala gestione dell’organizzatore della riunione (frequentemente un capo struttura) che spesso non ne definisce gli obiettivi operativi, consentendo che la discussione scivoli verso argomenti off topic, quando non è lui stesso che li introduce.

3) L’incapacità dei singoli di arrivare in una riunione con le idee chiare e con concetti da esprimere in poche parole. Questo, va detto, dipende anche da 2)

Di qui siamo arrivati a chiacchierare più in generale di gestione del tempo in azienda, di conciliazione tra vita privata e lavoro, ma soprattutto di una tendenza tipica italiana: la permanenza ad oltranza in ufficio.

Un’ampia parte dei dirigenti d’azienda italiani ritiene che il restare inchiodati ad una sedia sia fondamentale, indipendentemente dal completamento del proprio lavoro. E’ un meccanismo psicologico che andrebbe analizzato, ancor più interessante in quest’epoca, nella quale disponiamo di tecnologie che consentirebbero a chi svolge professioni intellettuali di lavorare da casa, dal parco, dalla spiaggia, dal bar della palestra, in metropolitana, sul treno. Si chiama smart working (o lavoro agile) e nei luoghi evoluti viene praticato costantemente.

Ma fosse solo la possibilità di lavorare da qualsiasi luogo. Tutte le testimonianze convergono sul fatto che in molti Paesi e in molte aziende il fermarsi dopo un certo orario viene considerato un comportamento strano, un segnale di incapacità di ottenere un sano equilibrio tra vita lavorativa e professionale o, peggio, la dimostrazione che non si è in grado di portare a termine il proprio compito nel tempo assegnato.

In Italia questo non avviene. Lavoriamo 350 ore all’anno in più dei Tedeschi (fonte OCSE), ma siamo meno produttivi. Sarà mica un caso?

 

 

* LA GENTE MUORE, MAGARI PRIMA IO ::

Non è un post triste.

Ho letto Il contrario della solitudine, la raccolta di racconti di Marina Keegan che prende il nome dal suo discorso di fine laurea, che ha letto alla Yale University cinque giorni prima di morire.
E qui finisce la tristezza. Promesso.

Marina Keegan

La lettera è qua, se vi va di leggerla. Io ve ne copio dei pezzetti, in corsivo.

Basta dormire troppo. Procrastinare. Prendere scorciatoie.

Eh. I ragazzi, oggi, non hanno tempo da perdere, anche se hanno tutto il tempo del mondo: è il loro paradosso, scriveva Gianluca Diegoli parlando di adolescenti (e uso dei social media). 

Allora, mentre leggevo la lettera, mi sono chiesta quale fosse il momento giusto per fare tutto. Quando possiamo dire di essere pronti? A impegnarci, a assumerci responsabilità? A quale età, sì, a quale età?
Quando finirete di definire giovani i manager, i politici e gli imprenditori di 50 anni?

Abbiamo questi standard irraggiungibili e probabilmente non saremo mai all’altezza della versione perfetta di noi stessi che fantastichiamo per il futuro.

E ieri, mentre scherzavo su Facebook sulla posa serissima della mia foto per quello che l’MBA in SDA Bocconi chiama CV book, ho cercato l’età di Hillary Clinton.

secondo me a Hillary Clinton ‘sta foto gliel’ha fatta lo stesso fotografo che ha scattato a noi in SDA Bocconi School of Management le foto per il cv book 2015

Posted by Domitilla Ferrari on Sunday, April 12, 2015

Hillary Clinton è nata nel 1947

Hillary ClintonChe a parole siamo tutti pronti per un presidente donna (per un presidente americano donna, ché di donne presidente ce ne sono già in giro, ma Hillary Clinton, come racconta Isabella Fava:

Non diventerà solo la donna più potente del mondo, se ce la farà. Ma anche la donna che, all’età di 67 anni e già nonna, non getta la spugna e decide di rimettersi in gioco. Di continuare una carriera.

Continuare la carriera. A 67 anni. Che va bene, non che non.

Hillary Clinton ha l’età di mia madre

Hillary Clinton ha 27 anni più di me: io quest’anno compio 41 anni e non voglio più pensare di avere tutta la vita davanti per far quel che resta.
Quel che resta da fare, tentare, vedere, condividere.

E poi mi circondo di gente che è felice così.

Non è paura di morire, o invecchiare. Ma invecchiare triste. 

zerocalcare

* SE SCRIVI, FATTI LEGGERE ::

In che modo, a parità di condizioni (esistenza di una notizia e qualità della scrittura stessa), è possibile che un contenuto possa risultare più interessante di un altro?
Cosa significa essere riconoscibili in Rete? Perché esserlo aiuta la diffusione dei contenuti? Tutti noi, informati (e informanti) sui fatti siamo a tempo stesso spettatori e protagonisti.

È di questo che parla Se scrivi, fatti leggere. L’importanza della riconoscibilità in Rete, (Sperling&Kupfer, €1,99) in cui visto che queste cose continuo a chiedermele spesso le ho chieste anche a:

Se scrivi fatti leggereA tutti: grazie.
La prefazione è di Giovanni Boccia Artieri che ha scritto due pagine riassunte nel titolo: L’autorevolezza online starà nella qualità delle relazioni che sapremo costruire.
In appendice una guida utile per chi ragiona sulla necessità di una social media policy: Opinioni personali e social network, di Ernesto Belisario.
Il resto è roba mia.

 

Buona lettura.

P.S.: l’ebook è uscito il 31 marzo ed è subito entrato nei bestseller di Amazon dove è rimasto per 3 settimane di fila. Per le prime due è stato al primo posto nella sua categoria. Olè!

 

RASSEGNA STAMPA:

Weconomy
L’Unione Sarda
Radio 105
– L’angolino di Ale
Il Colore dei libri

TI È STATO UTILE LEGGERE QUESTO POST?
ASCOLTA LA SERIE TRATTA DA DUE GRADI E MEZZO DI SEPARAZIONE, SU STORYTEL.

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Partiamo dalle basi: quasi tutto ciò di cui potresti avere bisogno è disponibile e probabilmente più vicino a te di quanto pensi, e puoi accedervi quando e come vuoi, purché tu sappia cosa ti serve e come parlarne agli altri. Hai un obiettivo? Io ho un metodo: audit, action & time planning. E poi il follow up, ovvero: dimmi se hai fatto i compiti e a che punto di svolta sei.

Se immagini di trovarci semplici regole da seguire per migliorare la tua visibilità online, fare carriera o cose simili, mi dispiace: io ho ambizioni più alte. Vorrei aiutarti a migliorare la tua vita rendendola più interessante. Il resto verrà da sé, grazie a te e alla voglia di scoprire il mondo che ti circonda.

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* GLI AMBIENTI IBRIDI CHE RIDISEGNANO IL LAVORO ::

Intervista su Weconomy di aprile 2015.

Di Cristina Maccarrone.


Domitilla Ferrari autrice di Due gradi e mezzo di separazione. Come Come il networking facilita la circolazione delle idee (e fa girare l’economia) e Se scrivi, fatti leggere. L’importanza della riconoscibilità in Rete, entrambi editi da Sperling & Kupfer.

Making Weconomy 2015

Riprendendo il titolo del tuo libro: come, in sintesi, il networking facilita la circolazione delle idee nell’ambiente di lavoro?
Il networking – oltre a rendere la vita più ricca e interessante – aumenta le tue possibilità di trovare o cambiare lavoro e ti rende più facile raccogliere sostenitori per le tue idee, risorse e, più di ogni altra cosa, consiglieri. La capacità di fare rete sarà presto considerata (se non lo è già) tra le caratteristiche principali di un buon manager, la chiave del successo di un imprenditore. È una competenza che molti, sbagliando, considerano utile solo verso l’esterno. Conoscere e riconoscere le persone che fanno parte del processo produttivo è parte fondamentale della creazione di una propria identità professionale. Sapere chi fa cosa, e come, aiuta a creare nuove opportunità anche all’interno dell’azienda, non solo per gli individui che vi operano ma per l’azienda stessa.

AMBIENTE COME INTERAZIONE
Come l’ambiente digitale modifica i comportamenti e modi di interagire delle persone, dei collaboratori?
Spesso facciamo networking senza saperlo, e scambiamo informazioni in modo utile senza nemmeno accorgercene. Su Internet è facile: basta un retweet, un post. Forse sto correndo troppo: immagina dei messaggi infilati in una bottiglia e lasciati in mare, liberi di viaggiare, e immagina che quei messaggi arrivino a chi saprà cosa farne. È così anche nella vita di tutti i giorni: un’informazione che tu reputi già vecchia, magari per qualcuno non lo è. A te non è costato nulla diffonderla, altri hanno risparmiato tempo e guadagnato conoscenza. Prima o poi faranno lo stesso con te, forse anche loro senza saperlo. È questo il bello.

In che modo favorisce la creazione di connessioni e idee nuove?
Se sei introverso non diventerai più socievole grazie a Facebook, ma se lo sei anche Facebook ti sarà utile. Il networking online non è diverso da quello offline. Non ha un linguaggio proprio o regole nuove da imparare. Non deve spaventarti. Non devi avere paura di venire respinto, non compreso, ignorato. Comportati come sempre. Grazie ai social network comunicare con persone diverse è diventato solo più veloce, se non persino immediato. Siamo tutti connessi e interconnessi: puoi decidere di parlare di calcio, politica, arte o commentare un programma televisivo e trovare la community interessata alle tue idee. Non devi essere un esperto, basta seguire le istruzioni per usare Facebook o un altro social network. Ma avere un profilo online non vuol dire far parte di una community: per quello devi partecipare, creare contatti, condividere contenuti e far nascere qualcosa di nuovo.

AMBIENTE COME SERVIZIO
L’ambiente digitale può essere un servizio? E se sì, quale ruolo ha nel generare comportamenti e risultati di qualità attraverso l’interazione?
Internet e ciò che vi è contenuto è considerato una commodity: abbiamo tutti accesso a infinite informazioni su tutto, o quasi. Condividere risultati, idee, studi, appunti genera spesso nuove idee, ma è interagendo con gli altri che si riduce il rischio di sbagliare e questo avviene attraverso un continuo scambio di capacità e competenze.
Più contatti significa più possibilità di successo e il successo, a parità di competenze, dipende da quanto è vasto e rilevante il tuo network. Rilevante, non ampio: non si tratta di collezionare nomi senza un perché, ma di coltivare i collegamenti che si basano su una relazione.

QUALI ESEMPI
Quali sono gli ambienti digitali in cui si costruiscono relazioni importanti anche per il business? Potresti farci qualche esempio?
Credo che non ci sia più differenza e sempre meno ce ne sarà tra i diversi luoghi che frequentiamo. Internet si è trasformata da mezzo in luogo e in questo posto diffuso, fatto di piattaforme diverse, vigono le stesse regole della vita offline. Ma… siamo mai offline oggi?

FUTURO
Nella Rete ogni persona trova una sua identità che spesso è traversale, come avviene questo? Più che trovare un’identità, in Rete le prove della nostra esistenza la amplificano. Come a tuo avviso si evolverà in futuro?
Presto non parleremo più di online e offline e saremo più riconoscibili, una responsabilità che – forse – ci renderà anche più onesti.

 

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