* QUELLO CHE MI CHIEDONO TUTTI ::

Prima di andare in vacanza ho ricevuto una buona notizia: una ragazza con cui ho chattato quest’inverno ha superato il test d’ammissione in Bocconi per l’MBA, come me un anno fa. No, non tutti ce la fanno.

bocconiSono molte le persone che in questi ultimi mesi mi hanno fatto domande sull’MBA.
Alcune anche solo per curiosità, altre mi hanno contattato prima di decidere se farlo o meno. Che – pensateci – è una responsabilità.
Molte di loro mi hanno trovata su Facebook.

I più mi chiedono quanto tempo dovranno studiare, come sono organizzate le classi e come sono composte.
Io rispondo che è dura, ma non impossibile e che sono felice di aver fatto questa scelta perché i miei compagni di corso sono interessanti, competenti e collaborativi.
Aggiungerei che senza collaborazione non si va da nessuna parte (e che in questo caso la prima impressione non è quella che conta, ma su questo ho deciso di scrivere un altro post).

Ma cosa rispondo quando mi chiedono se fare un MBA è una buona scelta?
Sinceramente? Che non lo so (ancora).

Non so se in un anno le mie capacità e competenze saranno migliorate, non so se la mia posizione lavorativa cambierà e tanto meno non so (e tutti mi chiedono proprio questo) se il mio stipendio aumenterà il prossimo anno o in due anni o più.

Quello che so è che ogni giorno uso le cose che ho imparato fin qui. 

Quindi Serena: buona fortuna con il tuo MBA e ci vediamo in Bocconi!

 

Come al solito questa cosa l’ho scritta anche sul Financial Times quasi uguale uguale.

 

* HO DIMENTICATO QUALCOSA? ::

settembre 2014Per prepararmi al nuovo inizio d’anno (per me – oggi ricominciano le lezioni in Bocconi e questa settimana ne ho per 5 giorni, sabato compreso – ma anche per quella piccola che giovedì inizia l’ultimo anno di scuola materna) e per prepararmi alle corse, ai cattivi odori e ai disagi di Trenord, alle giornate che riprendono il giusto ritmo, ieri sono stata alle terme con Jolanda e ora faccio la to-do list delle cose da fare:

prenotare il pap test

prenotare la visita senologica

– richiamare la dermatologa

chiamare il dentista

– trovare il tempo di stampare le foto di quella piccola o fondare una start up per risolvere il problema che so non essere solo il mio

imparare a fare il seitan

– ricordarmi di mettere a bagno i legumi una volta alla settimana

ricominciare a leggere non solo manuali, saggi e cose così (o smettere di avere solo amici che scrivono manuali e saggi)

– fare sport una volta alla settimana in pausa pranzo

finire il vino e ordinarne di nuovo

– …


Che te ne frega a te della mia to-do list? Magari ci sono cose d’interesse comune o magari ho dimenticato qualcosa che puoi suggerirmi.
Ho dimenticato sicuramente qualcosa… cosa c’è nella tua do-to list di settembre?
 

* LE DONNE? RACCATTAPALLE ::

Mi piace sfogliare le riviste, cliccare a più non posso sulle gallery della Milano Fashion Week e Miss Italia mi annoiava un po’, ma nulla in contrario a una gara di bellezza.
Ma l’idea che una squadra di calcio abbia scelto di avere raccattapalle donna non mi piace.

Non mi piace perché il mondo del calcio è un laboratorio di pensiero nazional popolare e le donne che fanno da contorno in un contesto dove i maschi vincono e loro raccattano non mi sembrano un buon esempio.

Mi fa pensare a Stupore e tremori, dove Amélie Nothomb racconta la sua esperienza nel mondo del lavoro giapponese degli anni ’90 dove a parità di titolo di studio e posizione dei colleghi le donne in riunione erano chiamate a servire il caffè.

Sul Corriere c’è una gallery di foto, se volete farvi un’idea… va un po’ così.
raccattapalle Sampdoria

 

* LE COMPETENZE SONO SOPRAVVALUTATE ::

Tra una cosa e l’altra ho letto Quel pollo di Icaro. Come volare alto senza bruciarsi le ali(Sperling&Kupfer). E dopo aver scritto, in Due gradi e mezzo di separazioneche dovremmo smetterla di voler essere una mucca viola a tutti i costi ho fatto un po’ di domande a… Seth Godin che, nel frattempo, pensavo avesse cambiato idea sulla necessità di essere unici e straordinari a tutti i costi.

In La mucca viola. Farsi notare (e fare fortuna) in un mondo tutto marrone, nel 2003, diceva «O sei una Mucca Viola o non sei nessuno. Straordinario o invisibile. A te la scelta».
Sono passati dieci anni, ha cambiato idea? In cos’è diversa la mucca viola dagli artisti di cui parla (e che incita a diventare) in Quel pollo di Icaro?

Io non credo ci sia una gran differenza, come dici tu. Il motivo per farsi notare ha ancora senso, oggi più di ieri. Rivolgersi direttamente ai consumatori può non essere efficace come prima perché c’è troppo rumore affinché un messaggio passi e ci sono troppe alternative. Prodotti e servizi degni di nota, d’altra parte, sono – per definizione – suggeriti da una persona a un’altra diventando oggetto di conversazione. Noi li “rimarchiamo”. E così avviene il passaparola. E quando ciò avviene, si ottiene attenzione il che dà la possibilità di creare fiducia, un elemento essenziale di contatto. Invece, l’arte, l’arte è qualcosa di diverso, un livello superiore. L’arte è opera di una persona, qualcosa che potrebbe non funzionare, qualcosa che teniamo molto a cuore, qualcosa che ci mancherebbe se si perdesse. E sì, al fine di creare vere contatti, non devi solo attirare attenzione, tu devi creare arte.

Seth Godin

Se usate il vostro denaro per comprare spazi pubblicitari e promuovere un prodotto ordinario pensato per persone ordinarie, ben presto il vostro denaro finirà. Ma se usate i soldi per creare prodotti e servizi eccezionali, non avrete bisogno di spendere un centesimo in pubblicità, perché i vostri clienti ve ne porteranno di nuovi tramite il passaparola.

Se tutti creano servizi eccezionali nessuno è più eccezionale. Per avere successo serve quindi sperare nel fallimento e nella mediocrità altrui?

La tua tesi non è corretta. Quando le cose diventano degne di nota, allora sì, ne parliamo e spiccano. Non appena altre cose trovano un’altra via per risultare interessanti , ciò che invece avevamo creduto durevole e magico inizia a perdere interesse. Il gioco si resetta, restando sempre nuovo.
Sperare nel fallimento altrui è un gioco cinico, non pensi?

La connection economy si regge su una ferrea dieta a base di novità, concretezza e importanza, dando origine a un nuovo tipo di risorsa, che oggi per la prima volta siamo in grado di calcolare e valutare. Di colpo, a contare e a creare valore non sono più gli edifici, le regole o il packaging, ma i ponti con cui riusciremo a far comunicare le persone.

Qual è la dieta di Seth Godin, cosa legge e dove si nutre di novità?

Ho una dieta mediatica: niente spazzatura, niente tv, niente che sia trasmesso per giovare all’emittente anziché a me. E ho una dieta alimentare simile… penso che sia molto facile prendere ciò che ti viene offerto invece di sforzarsi a scegliere e scegliere meglio.

Quali sono i punti di partenza dei suoi ponti più importanti e come capire da dove iniziare a costruirne uno?

Penso due cose:  fare da guida, andare dove le persone desiderano seguirti. E fidarsi degli altri, senza falsità, semplicemente perché puoi.

Che le informazioni siano preziose è diventato palese quando la rivista Tv Guide ha venduto un numero di copie tale da incassare una cifra superiore al valore degli stessi network televisivi. Oggi le informazioni su un contenuto valgono più del contenuto stesso.

Quali devono essere le competenze per raccogliere e raccontare agli altri le informazioni?

Credo che la cosa più importante sia iniziare. Iniziare a elaborare e capire. Iniziare con uno, sbrogliare un mistero, decifrare una cosa che non capivi, e rifarlo. Troppo spesso, insistiamo col perfezionismo quando siamo solo all’inizio.

Giornalisti e blogger sono preparati a fare… da guida alle informazioni?

Le competenze sono sopravvalutate, certo. Ma tutti noi siamo capaci di sporgerci avanti, di cercare di capire. Spesso ciò è abbastanza.

Le persone di successo sono molto brave nell’etichettare individui, situazioni e idee. Farlo permette loro di processarli più rapidamente e con maggior profitto. Se conoscete la differenza tra un serpente e un bastone, avrete meno probabilità di essere morsi. Il problema con le etichette è che una volta applicate non si riesce più a vedere cosa c’è sotto. Di conseguenza, quando il mondo cambia e tutte le nostre designazioni diventano inutili, noi non riusciamo più a vedere le opportunità che ci si presentano.
Gli artisti imparano a riconsiderare le cose, a rinunciare alle etichette a guardare tutto sotto una nuova prospettiva.

Alcune etichette di partenza sono ancora utili? 

Etichette precise sono sempre utili. La sfida è che è così facile usare etichette banali, sbagliarsi, catalogare qualcuno, per evitare la verità di fronte a noi. La semiotica è la scienza delle etichette e bandiere. Troppo spesso, saltiamo ciò che è difficile e ci accontentiamo di ciò che è facile.

Quali sono le etichette che Seth Godin usa per catalogare la propria rete di connessioni?

La tribù che ha scelto di essere coinvolta nel mio lavoro è appassionata. Sta mettendo in dubbio lo status quo. Chi ne fa parte dà valore alla fiducia che ha guadagnato e brucia dal desiderio di rendere le cose migliori. E quando va bene non ci prendiamo troppo sul serio…

[in corsivo ci sono le citazioni prese dal libro]

* DEL PERCHÉ M’INTERESSA SAPERE COME VA A FINIRE ::

Non c’è nulla di più lontano da me del calcio. Non ne so nulla – come di ogni altro sport, in verità – ma sto seguendo la cronaca sulle elezioni del presidente della FIGC, la Federazione Italiana Giuoco Calcio.

Giuoco, sì me ne sono stupita anche io, una cosa che quando fu fondata, nel 1898, aveva un nome più moderno: Federazione Italiana del Football, che ora però mi dicono essere un altro sport.

Ma non è la storia che m’interessa. Sono curiosa dei cambiamenti.

Ha bisogno l’Italia di cambiare? Allora cambiamo e cambiamo anche la percezione che all’estero hanno di noi.

Anni fa sono stata a Las Vegas, un giorno nell’ascensore dell’albergo, mentre tornavo in camera a prendere qualcosa che avevo dimenticato, salì un ragazzo che mi chiese di dove fossi. Dopo avergli risposto italiana aveva commentato solo con «Bunga Bunga». Non pizza, pasta, mandolino. Bunga Bunga. Non credo di essermi mai vergognata tanto.

E di nuovo: perché mi interessa così tanto la presidenza della Figc?

Mi interessa come verremo rappresentati nel mondo. La Nazionale, per chi non lo sapesse – come me fino a poco fa – non esce dall’Italia solo in occasione dei mondiali ogni 4 anni: ci sono anche gli Europei, le amichevoli, la Confederations Cup (mi dicono).

La UEFA, l’Unione Europea delle Federazioni Calcistiche, l’organo di governo del calcio in Europa – che regolamenta in Europa e manda le direttive alle federazioni nazionali su comportamento e sanzioni in campo (anche in caso di razzismo) – parlerà agli arbitri attraverso la Figc.

Quindi, perché leggo ogni notizia sul caso Tavecchio e faccio un sacco di domande per saperne di più?

1. Perché credo nel buon esempio

(ANSA) – ROMA, 25 LUG – “Le questioni di accoglienza sono una cosa, quelle del gioco un’altra. L’Inghilterra individua dei soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare, noi diciamo che ‘Opti Poba’ è venuto qua che prima mangiava le banane e adesso gioca titolare nella Lazio e va bene così”. Carlo Tavecchio, candidato alla presidenza Figc, incappa in una gaffe sugli extracomunitari, all’assemblea dei dilettanti. “In Inghilterra va dimostrato il curriculum e il pedigree” aggiunge Tavecchio.

2. Perché non è una gaffe

E smettiamola anche di minimizzare l’ignoranza.

3. Perché non è un caso isolato

4. Perché non sono solo fatti nostri

4. Perché non è un buon esempio su nulla

5. Perché ancor più del buon esempio ne va del rispetto delle regole

Qui ci sono altre 50 buone ragioni – in verità alcune potrebbero ripetersi – del perché non è un buon esempio. Una per tutte:

Proprio non ce la facciamo a trovare qualcuno che nella vita abbia anche lavorato?

 

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